L'arco tangente
L'arco tangente. Osservo l'alternanza di luce gialla e cielo azzurro tra le increspature concentriche dell'acqua viola nel pozzo di pietra nera. E sorrido felice ma non sono in grado di provarlo, e sono medio e questo inizio già a sentirlo, e poi sono giù e le onde mi portano fino ai bordi e lì sì sto male e credo di toccare il fondo. Invece sono ancora in superficie. Volgo lo sguardo all'insù e vedo la volta celeste del quale sono inconsapevole riflesso, vibrante specchio d'acqua a sagoma di pelle d'oca. Incapace di sprofondare mi limito ad essere diaframma lenticolare, a immagine e rappresentazione dello spazio. Mi hanno detto che dal profondo dell'abisso chi guarda in su non vede niente: il vuoto si sa in quanto vuoto non riflette niente della sua immagine. O forse è il vuoto stesso suo ad assorbirne la propria. [...] Mi hanno insegnato che invece da sopra il cielo è bellissimo, ancora più che da sotto. Ma cerco di farmi bastare il piccolo, mi accontento di questo piccolo specchio d'acqua in balia di poche piccole cose: il vento, gli animali, il moto del secchio, la saltuaria tempesta...e invece all'improvviso arrivi con la tua fanfara funebre e ci sgoccioli dentro il rosso sangue indesiderato delle reticolate braccia tue tagliate al verbo di requiem æternam, non in pace, riposo.